Cultura e Spettacolo

SESSA AURUNCA – ‘Ni Una Mas- Non Una Di Più: contro la violenza sulle donne’, sabato di scena lo spettacolo delle Officine Kulturali Aurunke

SESSA AURUNCA (Gabriele Bonelli) – In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, l’evento teatrale di sabato 25 novembre ore 20:45 ” Ni Una Mas-Non Una Di Più: contro la violenza sulle donne ”, allestito dalle Officine Kulturali Aurunke per la regia di Giulia Casella nella sala del trono del Castello Ducale di Sessa Aurunca, ci indurrà ancora una volta a riflettere sull’attualità di questo argomento e insieme, cercherà di immedesimarci in alcuni percorsi fondamentali per arrivare alla radice del problema e meglio interpretare alcuni aspetti. Sarà un invito a non rimanere più inerti e apatici di fronte

a simili episodi e lo farà nel modo migliore possibile, ispirandosi al libro ” Ferite a morte” di Serena Dandini.  Il tutto sarà accompagnato da voci narranti, musica e canzoni grazie alla partecipazione di coloro addetti a simili performance. Tra l’altro in questi giorni sono in programma tantissimi eventi e manifestazioni per mettere i riflettori su un problema che ancora oggi persiste molto nelle varie realtà locali, cioè l’oppressione, spesso patriarcale, abitudinaria e ignorante dell’uomo sulla donna, considerata spesso di sesso debole ma

dolcemente sensibile. Potrei dire che è quasi una cosa abominevole e rivoltante assistere ancora a simili situazioni poichè si tratta di infangare una immagine angelica e quindi la poesia.  A mio parere, la donna rappresenta la creazione più bella, misteriosa ed affascinante che la natura o che magari qualche entità superiore ci ha potuto fornire, non solo per permetterci di sognare, illuderci positivamente, immaginare di passare la vita con una creatura così splendida e che ha permesso a molti individui, a seguito delle sensazioni piacevoli regalategli, di diventare poeti, ma soprattutto di tradurre in atto lo stato solo di potenza dell’uomo.

Un breve sguardo storico alla scrittura femminile a partire dalla Resistenza

Generalmente nei testi letterari riguardanti il ruolo delle donne, a partire dal periodo della Resistenza, si sono registrati due opposti atteggiamenti: uno che esprime un’immagine del femminile, fondata sulla convenzione delle tipiche caratteristiche di maternità, cura della casa e sull’assistenza, il

cosiddetto ” spirito da crocerossina ” e quella di una figura più emancipata. Il fatto che spesso le donne venissero rappresentate dagli autori maschili, con la loro concezione atavica e patriarcale, ha avuto come risultato che le donne stesse si suggestionassero di tali descrizioni e finissero per acquisire ed accettare passivamente, anche in modo inconsapevole, una posizione di subalternità. Irma Marchiani, una delle resistenti fucilate dai nazisti, ci ha lasciati la prima e più chiara testimonianza di quanto le donne volessero evadere dal loro status symbol e rivendicare la propria responsabilità, attraverso azioni come la volontà e il coraggio, quasi sconosciuti

negli anni addietro. La Resistenza quindi si presenta come occasione di emancipazione femminile e spesso gli autori dell’epoca si soffermavano, quasi stupiti, dall’ingresso nelle divisioni partigiane di queste donne, affermando che probabilmente non fossero davvero ”donne” e mancasse loro la ” feminea virtus ”. Quanto fanno male i pregiudizi radicati di genere? Tantissimo ed è ora di accettarci nella nostra forma e specie senza biasimare le rispettive scelte di ognuno, maschio o donna che sia! Per molti uomini quindi la donna doveva essere vista come colei che rimaneva subordinata in quella sfera affettiva e sessuale ( si, perchè le donne potevano essere anche stuprate all’occorrenza, magari per permettere ai soldati di distrarsi dai fenomeni violenti di guerra e da qui si percepisce già il fenomeno della persona-merce ). Una simile concezione ci deriva

anche dal retaggio educativo fascista, il quale non ha fatto altro che inasprire le differenze dal momento che la donna con le armi veniva considerata come distruzione di quella immagine stereotipata della figura femminile dotata di innocenza e purezza. Pochi infatti sono gli esempi di autori maschi che sono stati pronti a rappresentare l’euforia eroica di donne pronte a sfidare le limitazioni sociali, i quali magari lo hanno pure fatto, come Elio Vittorini, ma sempre con quel pregiudizio di fondo della inferiorità insita

del ruolo femminile nelle faccende ” da uomo ”. Donna come strumento e non può che denotarsi pure un atteggiamento latente di misoginia, quasi come se le fanciulle avessero potuto alle volte distrarre gli uomini dalle loro importanti mansioni.  Non mancano sicuramente descrizioni che puntano ad una dimensione più paritetica come per esempio in Marcello Venturi ma ancora in Beppe Fenoglio troviamo un conflitto tra la disponibilità a concedere spazio alle figure femminili e il riaffiorare di schemi che presentano peculiarità patriarcali ed eteronormative. Significativa una delle espressioni utilizzate

da un personaggio della sua opera:” In fondo è solo una donna che ragiona con l’utero”. Ma poi sono stati tanti i movimenti femministi a partire dagli anni settanta che hanno iniziato a provare a rinnovare e purificare una memoria femminile colma di pregiudizi e stereotipi di genere. Perciò per molte autrici femminili il periodo resistenziale risulta essere stato quello più bello e accattivante per la rottura delle norme sociali e consuetudinarie e considerato come orizzonte di riscatto.