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CELLOLE – Oggi ricorre il 21esimo anniversario della scomparsa di Franco Compasso: le parole d’amore e il ricordo della figlia Cristina

CELLOLE (Matilde Crolla) – In questa giornata di ventuno anni fa lasciava prematuramente i suoi cari l’onorevole Franco Compasso. A distanza di tempo il suo nome continua ad essere presente nei cuori dei cellolesi ed oggi, come allora, si rinnova il dolore di chi lo ha amato. In questa giornata la figlia, l’avvocatessa Cristina Compasso, ha voluto aprirci il suo cuore con una lettera. La stessa lettera che costituisce la parte introduttiva del libro a lui dedicato e scritto dal professore, Franco Silvano, che è diventato testo universitario dal titolo ‘Franco Compasso, il meridionalista della ragione’.

 “Caro papà,

ricordo ancora con angoscia quel 10 febbraio del 1997 quando un gelido vento invernale ti portava via, strappandoti a noi, a me… Eri il mio faro, la mia luce, il mio mondo… E d’improvviso ci siamo smarriti nel buio di una notte senza fine.

Da allora ho vagato nella foschia della mia vita senza Te, nulla aveva più senso…solo il mio passato con Te.

Per anni ho sognato di poterti rivedere, risentire la tua voce… solo per un attimo…per accorciare l’infinita distanza da Te, per soffocare il mio grido di dolore ed asciugare le lacrime dal mio viso, ormai velluto liso.

Ho vissuto il passato come fosse il presente e mi sono nutrita solo di episodi ed aneddoti della nostra vita trascorsa insieme senza lasciarmi attraversare da null’altro…come in una bolla.

Poi un giorno ho chiuso gli occhi ed ho posato la mano sul mio cuore e Tu eri lì: non mi avevi mai lasciata, eri accanto a me.

E allora ti ho ritrovato in tutto ciò che più amavi: nella bellezza di un dipinto, nel profumo del bergamotto in fiore, nelle pagine dei tuoi libri tanto amati, nei vicoli e nei borghi del Tuo amato Sud, nella melodia di un canto napoletano. Ti ho ritrovato nelle persone che amavi, nella forza ultraterrena dell’amore di mamma per te, nella integrità morale ed onestà intellettuale di Attilio, nel sorriso disincantato delle mie figlie, nel profondo della mia anima.

 

Caro papà, oggi vivo il mio presente ed il mio futuro traendo forza ed energia dai ricordi del passato perché ho capito nel tempo, attraverso una rielaborazione del mio dolore, che tu sei dentro di me, nei miei successi come nelle mie sconfitte, nella nostra vita, nei nostri gesti quotidiani.

Vorrei che tu sapessi che la morte non ti ha alienato da noi e che la Tua assenza è oggi una “presenza” costante e forte proprio come quando eri vivo.

E così l’idea che ha accompagnato noi e mamma in questi anni senza Te di dedicarti un libro storico-biografico che raccontasse di te, dell’uomo, del politico, del meridionalista, oggi, nel ventennale della tua scomparsa, finalmente diventa realtà. Il tutto grazie al lavoro e allo studio meticoloso del Prof. Silvano Franco, professore universitario, storico e scrittore raffinato, fraterno amico di famiglia, che tanti momenti e progetti ha condiviso con te, accomunati dalla grande passione per la politica e per la cultura nonché dall’amore per la nostra Terra Aurunca.

A noi figli, invece, il compito e l’onore di ricordare il meraviglioso “PADRE” che sei stato.

E allora mi tocca “gelosamente” scavare nel profondo del mio IO, nel profondo della mia anima per ritrovare quei momenti che mi parlano di TE, ricordi impressi nella mia memoria e nella mia identità, tesoro genetico “incontaminato” della mia vita, che difendo dal mondo esterno a denti stretti come unico baluardo fermo della mia stessa esistenza.

Se chiudo gli occhi ritorno alla mia infanzia felicissima e riesco ancora a sentire le tue carezze lievi sui miei capelli lunghi, i tuoi baci sulla mia fronte. Rientravi stanco da Roma a notte fonda con l’ultimo treno e non dimenticavi mai un regalino da riporre sotto i nostri cuscini per rassicurarci che ti eri ricordato di noi durante la tua lunga giornata di lavoro.

Sai papà, a volte mi sembra ancora di sentire la tua voce che, dal fondo delle scale di casa, d’improvviso e senza alcuna motivazione apparente, rompeva il silenzio delle mie lunghe ore di studio, chiamando all’infinito il mio nome. Sapevo, e ne ero felice, che in quella tua bizzarra abitudine chiamavi me per evocare nostalgicamente tua madre, radice salda di tutta la tua vita e per la cui morte, e solo allora, ti ho visto piangere.

 

Caro papà, vorrei che tu sapessi che la tua morte è stata devastante per me e ciò che mi ha consentito di risalire dall’abisso è stato solo il tuo ricordo, le tue parole, i nostri progetti.

Era prossimo il tuo pensionamento dalla Corte dei Conti come il più giovane Presidente di Sezione ed era forte il tuo desiderio, negli ultimi tempi, di ritornare all’esercizio della professione forense, che avevi messo da parte per lasciare il passo al primo amore, la  Politica.  E in questa prospettiva futura ci ripetevi sempre:” Io sarò la mente, voi figli sarete le mie braccia e le mie gambe”.

Perciò, dopo che ci hai lasciato, abbiamo sentito forte il dovere e l’orgoglio di raccogliere il seminato e realizzare il tuo progetto rimasto incompiuto, ultimando la costruzione dello studio legale da te fortemente voluto nella casa che ti vide nascere nell’aprile del 1935.

Mi aiuta oggi pensare che sono quella che sono, ossia un avvocato appassionata del suo lavoro, che nel suo piccolo compie il proprio dovere fino in fondo con onestà e lealtà proprio come, in una dimensione ben più grande ed importante, facevi tu, caro papà. Motivata dalla tua stessa passione per i principi del diritto e per il grande rispetto per la legalità come punto cardine di ogni società civile.

Sai, papà, personalmente ho incontrato momenti di grande difficoltà e sconforto nella nostra professione, così onorevole ma anche così svilita oggi, continuamente offesa da spregiudicatezza e bramosìa di denaro, ed ho avuto spesso la tentazione di mollare.

Ma poi il tuo esempio di “combattente di trincea” mi ha dato la forza di non arrendermi e di proseguire, agendo sempre, nella professione come nella vita, nella piena libertà di coscienza e nel pieno rispetto delle regole etiche e morali perché, come ci ripetevi sempre tu: ” le regole sono il fondamento di una società civile e giusta poste a tutela soprattutto di chi ha meno forza e potere, bisogna averne rispetto ed osservarle. Ma ricordando sempre che la “dignità è un bene supremo inalienabile da difendere sempre e ad ogni costo”.

Caro papà, la nostra vita è tanto cambiata dopo che ci hai lasciati, ma comunque nel nostro intimo siamo rimasti gli stessi che eravamo e che tu ben conoscevi, abbiamo percorso le nostre strade in punta di piedi ed in silenzio, con le nostre sole forze, senza “farci largo” con il nostro cognome, così onorevole ma anche così pesante per doverci sempre sentire all’altezza. Sarebbe stato facile per noi cavalcare l’evento della tua scomparsa traendone vantaggi personali non dovuti, assumere cariche o incarichi in quanto figlio di….o per il cognome Compasso.

Ma noi non abbiamo dimenticato il tuo insegnamento, per il quale “non si doveva chiedere nulla che noi potessimo ottenere con le sole proprie forze, perchè chiedere un favore significava mettersi in condizione di doverlo restituire e di non poter più essere “liberi”.

Abbiamo seguito i tuoi passi nel solco della strada già da te segnata, consci e consapevoli della fortuna e dell’onore di avere un padre come Te.

Avevi una grande conoscenza dell’animo umano, delle sue virtù e le sue debolezze, limiti e difetti, non giudicavi mai nè condannavi, piuttosto ti dissociavi da ciò che non condividevi e lo facevi sempre con il tono giusto, perbene, con l’eleganza dialettica che ti apparteneva per natura, educazione e formazione etico-politica.

Da autentico Liberale ci hai insegnato ad amare e rispettare le persone a prescindere dal colore politico, etnico, religioso, a considerare l’individuo per quello che “E’” e non per quel che “HA”. Ci hai educati al sentimento della libertà e della tolleranza, ai principi inalienabili dell’integrità morale dell’uomo e della dignità, che dovevano accompagnare sempre ogni nostro pensiero ed azione. La libertà intesa nel senso più “Crociano” possibile, come il più religioso e profondo manifestarsi dello spirito umano, come coscienza morale e perenne sfida dell’uomo libero contro ogni forma di tirannia e di oppressione.

Ricordare oggi mio padre significa per me ricordarne la bellezza interiore, la generosità mai ostentata, la vibrante dialettica, la sana ambizione, l’elegante interloquire con chiunque, la fine capacità di analisi critica e di previsione futura degli eventi, la sfida continua di migliorarsi come uomo e la capacità di mettersi sempre in discussione, la rincorsa verso obiettivi sempre nuovi, la brama di conoscere senza giudicare cose e persone, la passione di perseguire un ideale, un sogno nella consapevolezza che il viaggio per raggiungerli è più importante dell’arrivo. Ma significa soprattutto ricordare l’Uomo del Sud, il profondissimo legame e attaccamento alla sua Terra, al territorio e al suo amato Mezzogiorno, al cui riscatto morale e sociale ha dedicato con passione tutta la vita.

In questa riflessione intima c’è mio padre, Franco Compasso, e l’eredità morale che ci ha lasciato: il modo in cui ci ha insegnato a vivere.

Grazie Papà per averci così tanto amati. Sappi che Ti ricorderò sempre.

Con l’amore di sempre. Cristina”

 

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