Cultura e Spettacolo

*ESCLUSIVA* – Attentato al giudice Chinnici: intervista a Pietro, fratello del caposcorta Mario Trapassi

A cura di Daniela Addio

Lo abbiamo incontrato a Caserta, a margine di un convegno in cui è stato ospite qualche settimana fa; di lui ci ha subito colpito la forza d’animo e la sua pacata determinazione. Pietro Trapassi, fratello di Mario Trapassi che fu caposcorta del giudice Chinnici e che morì insieme al magistrato palermitano nell’attentato del 29 Luglio 1983, è autore anche di un libro, “Caino vive a Palermo”, dedicato al fratello e che racconta la sua storia.

La pervasiva capacità della mafia di insinuarsi nel tessuto sociale e di adattarsi a nuovi scenari… cos’è cambiato rispetto a quel che era ieri?

La mafia oggi non spara, eppure si muove, ma in modo silente. Sa influenzare, interferire e condizionare. Negli anni che furono non sovente si raccontava di mafia, a Palermo “matto” si definiva, chi ne parlava.

L’approccio a questo fenomeno radicato, è mutato: pensi alla nave della legalità per Falcone e i suoi angeli custodi, salpata dal porto di Civitavecchia, lo scorso 22 maggio. In mille hanno manifestato contro la mafia e la criminalità organizzata.

La scelta di rendersi autori del proprio vissuto: un viaggio che scandisce in maniera accurata e, oserei dire, minuziosa, ogni momento. La scelta di raccontarsi e raccontare di Mario, insomma, come nasce?

Ho maturato l’idea del libro dopo trent’anni, prima non ero pronto. Un giorno ho percepito che il momento era arrivato: ho custodito con cura il ricordo di quegli anni, sempre vivi dentro di me. Mario apparteneva a quegli uomini che non mollano, e lo ha dimostrato!

Il racconto può risvegliare le coscienze di quanti ancora tacciono. Il sacrificio di Mario e di tutti gli altri non può essere dimenticato.

29 luglio 1983. Via Pipitone Federico. Un boato che frastorna i ricordi e che arresta, di colpo, il suo racconto e la vita di Mario.

Forse poteva evitarsi, o forse no. Che cosa resta?

 I ricordi bruciano ancora. Forse avrei dovuto avere più coraggio, avrei potuto insistere, affinché si ritirasse. Non ci sono riuscito, troppo forte il senso del dovere. Mario avrebbe voluto ritornassi a Palermo, soprattutto in quel periodo, così complicato per lui, ma le circostanze me l’hanno impedito! A volte si compiono scelte sofferte, al contempo inevitabili; posso, però, confessarle che l’allontanamento dalla mia Palermo, dalla mia famiglia e da Mario, è divenuto una prigione.

Un desiderio espresso che auspica possa realizzarsi?

Magari un film sulla storia di Mario, un valore aggiunto per il mio scritto. Mi augurerei di poter riassaporare il calore di un abbraccio da persone a me care, che da tempo, non sento più.

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